Nuove trivellazioni gas: il Veneto non è salvo. Basta bufale da questo Governo.

15 Febbraio 2022
Ambiente

Il PITESAI è il de profundis della transizione ecologica.

Nemmeno il mercato giustifica l’aumento dell’estrazione italiana di gas: tanti rischi ambientali e sociali per una quantità irrisoria.

Dopo lunga gestazione è stato approvato il Piano della transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PITESAI).

Un documento fortemente voluto dal Ministero per la transizione ecologica e che molte critiche sta sollevando e che vede Zaia sostenerlo ma senza conoscerlo, come dimostrano le osservazioni che ho inviato al Ministero (riportate in fondo a questo post).

Il Governo del PNRR e della Transizione ecologica dà il via libera alla ripresa delle trivellazioni e quindi alla estrazione di idrocarburi.

Tutto questo per portare la produzione nazionale di gas da 3,5 a 7 miliardi di metri cubi al fine di fronteggiare il caro-bollette.

Peccato si stia parlando di una quantità irrilevante rispetto al consumo reale di gas nel nostro Paese, con impatto scarsamente significativo sui costi, peraltro determinati a livello europeo.

Per il Veneto, al momento, sembra esclusa l’area di riserva naturale che dista solo 40 km da Venezia, ma in realtà il PITESAI non scarta le aree di retrocosta depresse, ossia quelle che già hanno subito gli effetti della subsidenza o perché sottoposte a bonifica, come le zone a monte della strada Romea o adiacenti al Taglio del Sile.

Quindi il Veneto non può dirsi affatto salvo da nuove estrazioni, a essere in pericolo sono aree già a grave rischio di subsidenza e sotto il livello del mare; è bene ricordare come il cedimento di 1 millimetro risulterebbe irreparabile e dannoso non solo per l’ambiente, ma anche per le comunità che abitano le zone limitrofe.

La Regione non può restare a guardare e ignorare la scelta rischiosissima di non interdire l’attività in aree depresse: avrebbe dovuto presentare osservazioni come hanno fatto altri perché le nostre coste e la nostra laguna vanno tutelate con coraggio.

I partiti che risiedono in Consiglio regionale non possono dichiararsi a favore delle energie rinnovabili a Venezia per poi invece sostenere le trivellazioni di idrocarburi a Roma.

L’ambiente non vive delle nostre contraddizioni, ma di politiche a favore dell’energia pulita.

Visto che la Regione Veneto, contrariamente alle altre, no era rappresentata dai propri tecnici della direzione ambiente, ho presentato io delle osservazioni come cittadina, che si concludevano con queste richieste:

“Il PiTESAI risulta ridotto a strumento di limitata pianificazione (meglio limitata regolazione) territoriale della ordinaria prosecuzione delle tradizionali attività del settore di coltivazione degli idrocarburi (peraltro con decisioni limitate al ‘cosa’ e al ‘dove’ – anzi al solo ‘dove non’, e non sul ‘quanto’ e ‘con che tempi’), che si priva, lasciandolo demandato successivamente ad altri strumenti o iniziative, di quello che invece doveva e deve essere il centro della sua missione:

prevedere e provvedere, per tale settore (e specificamente per le attività che comunque, almeno per un medio periodo,nelle zone ‘idonee’ potranno proseguire e viene previsto di continuar riconoscere compatibili e autorizzabili), obiettivi, percorsi, tempi e progetti di progressiva transizione accompagnata e anzi guidata verso un diverso assetto strutturale (se non anche geografico) e un diverso apparato di produzione energetica (come necessario, nei riguardi della crisi climatica) e di connessi diversi settori industriali e di servizi, che sia ‘sostenibile’
(anche socialmente ed economicamente).

Una transizione che assicuri tempestivamente, cioè gradualmente e ben prima che il settore arrivi al comunque inevitabile spegnimento (e collasso occupazionale), nuove attività economiche, occupazioni ed energie soprattutto ai territori dove più ora sono concentrate le attività del settore idrocarburi e che quindi più saranno investiti dalle necessità di tale transizione.
Una regolazione coerente omogenea e sistematica del ‘dove non’ si possono autorizzare certe attività è certo un dato positivo, ma per essa non era indispensabile l’introduzione di una disposizione di legge, potendo risultare sufficiente un esercizio scrupoloso e completo delle procedure e attività di valutazione della compatibilità ambientale delle stesse attività (già tutte assoggettate a VIA -e a VAS qualora l’amministrazione di riferimento si fosse dotata di un ‘piano’-

ZONE DA ESCLUDERE MEZZO PITESAI- Richiesta integrazione:

Zone soggette a subsidenza, oltre all’esclusione delle aree interessate da una attuale elevata velocità misurata (=>25mm/a), va prevista anche l’esclusione delle aree interessate da un’elevata misura (=> 200 mm) della subsidenza complessiva cumulata dal 1950 in poi (qualunque ne sia stata la velocità e qualunque ne sia la dinamica attuale).
Entrambi i valori di riferimento di tali criteri vanno ridotti alle misure rispettivamente di 10 mm/a e a 100 mm per le aree di pianura elevate meno di 5 m s.l.m.m. (e per le aree comprese o intermedie tra queste e il litorale).

Escludere tutti i corpi idrici costieri (fiumi, laghi, stagni) e per le aree interessate da subsidenza, di modesta altimetria, di bassura o di depressione, come sopra qualificate, va riconosciuto ‘inidoneo’ anche un circostante buffer di 5 km.

Va stabilita l’inidoneità, con vincolo relativo, per tutte le zone di bassura e per tutte le zone depresse nelle quali il drenaggio delle acque meteoriche è garantito meccanicamente (da idrovore), qualunque sia la loro collocazione alaltimetrica.

Vanno parimenti riconosciute inidonee, benché con vincolo relativo, le aree geotermali in particolare dei Colli Euganei e di Grado (assieme a quelle di Larderello,
Casaglia, Campi Flegrei e Isola d’Ischia, Alcamo, Sciacca, Isole Eolie e Pantelleria).

Infine le aree di riconosciuta valenza paesaggistica riconosciuti e tutelati nei Piani territoriali e urbanistici locali o da specifico altro strumento da parte degli EE.LL. in attuazione di norme statali o regionale.

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