Piano Casa – In Veneto una legge senza una visione

20 Marzo 2019
Territorio

 

I cittadini veneti hanno diritto di ad una urbanizzazione intelligente, a servizio della qualità della vita.

 

Ieri è iniziata la discussione sulla Proposta di Legge n.402 sul Piano Casa 2019. La settimana prossima inizieremo la votazione agli oltre 200 emendamenti presentati da tutti i consiglieri. Ma vanno fatte alcune premesse.

 

Alcuni dati da non sottovalutare

Calo nascite in Veneto, 1.260 in meno nel 2017. Calo residenti, 2.500 in meno. Emigrazione di cittadini, oltre 7mila nel 2013 fino ai quasi 12 mila nel 2016.

Dobbiamo parlare di alcuni dati di base per capire se questo piano ha una visione del nostro futuro. Io lo vorrei ambizioso, che metta davanti agli interessi la qualità degli interventi e lo sviluppo di una filiera di settore, che si concentri su innovazione e sostenibilità. Invece, questo piano è già sorpassato, ancor prima di votarlo. Anacronistico che profuma di  vecchio. I dati ci dicono che da un decennio c’è un vero calo demografico.

Dati che si possono analizzare in tanti modi, ma nel tessuto urbanistico li traduciamo in abitazioni sfitte, abbandonate, capannoni vuoti (la recentissima notizia del caso Asigliano Veneto vi può dire qualcosa) abbiamo un patrimonio edilizio non sfruttato che ha un potenziale elevatissimo.

Arpav, ente regionale, ci dice che il consumo del suolo sul totale della superficie del veneto è pari al 12,35%. E cito leggendo dal sito Arpav “In termini di velocità di trasformazione in Veneto nell’ultimo anno si è assistito ad un incremento percentuale preoccupante …. che si inserisce in un contesto già profondamente compromesso, ma che evidentemente ancora non manifesta coscienza della propria criticità.

 

Una visione sullo sviluppo futuro o retaggio del passato?

Di fronte a dati di questo tipo, avrei di gran lunga preferito approcciarmi e discutere di un piano più coraggioso per il futuro edilizio del Veneto rivolto alle future generazioni, al miglioramento delle criticità ambientali, capace di indicare una chiara visione a lungo termine, capace di dichiarare che ho realmente a cuore la vivibilità della nostra terra non solo del mio oggi, ma del nostro futuro, prossimo o remoto che sia.

Invece vedete… temo proprio che questo piano sia espressione di un’esigenza a brevissimo termine  quella di garantire la comodità di chi si accontenta, gli spazi per la speculazione e per chi tira a campare.

 

Si sarebbe potuto usare questo strumento legislativo per guidare l’impresa verso nuove sfide, obbligatorie, verso nuove tecnologie edilizie, il riuso del materiale, l’innovazione, ad esempio la domotica anche per la gestione della vita quotidiana degli anziani, verso un’incisiva azione di risparmio energetico, ad esempio non mettendo classe A4 “o” pannelli solari, ma “E”! Una congiunzione stravolge l’applicazione, non strategie alternative ma complementari!

Invece ci si accontenta, di poco. Così purtroppo scegliete di rinunciare al mandato dato al politico, quello di prendersi cura dell’evoluzione del proprio territorio sapientemente, aiutando il proprio concittadino a superare l’individualismo per guardare con responsabilità alle priorità comuni, necessarie per far sopravvivere nel tempo la propria comunità, ma si sa poco popolari.

 

Proprio per questo, se non fosse estremamente grave, verrebbe da sorridere nel leggere una normativa che omette clamorosamente ogni riferimento  al calo demografico o il tasso di emigrazione (e il conseguente calo della richiesta abitativa), i dati sul consumo di suolo, opere di urbanizzazione e densità demografica, aspetti che impongono anche una riflessione sulla sostenibilità dei servizi, dei parcheggi, delle strade, delle aree verdi che dovrebbero essere garantite dalle istituzioni per la tutela del benessere abitativo.

Dati e valutazioni che non dovrebbero essere mai bypassati da una legge, specialmente se scritta nel 2019, epoca tecnologica capace di fornirci dati, proiezioni e statistiche certe. Non considerando questi aspetti, andate a a svalorizzare nettamente e mettere in difficoltà il lavoro faticoso e lungimirante di quei bravi amministratori locali che ragionano in termini di benessere abitativo e non di speculazione.

 

Le mie considerazioni

Il piano casa è nato per promuovere il riuso e per pianificare rigorosamente il futuro della gestione edilizia del territorio. Era definito piano proprio per la sua Valenza temporanea, straordinaria, adattata alle esigenze attuali.

E se un conto è garantire la vitalità di questo strumento per lasciare spazio di azione al mondo dell’edilizia, importante ambito economico e sociale per il nostro territorio, un altra cosa è trasformare questo strumento in uno strumento retrogrado.

Retrogrado perché omette colpevolmente quelle emergenze ambientali e sociali che sono già attualissime e che nessuno, nemmeno un politico in scadenza elettorale, può lasciar perdere, rimandare a domani.

Un esempio è la cancellazione, sia qui che durante la discussione della legge sul consumo di suolo, dall’esigenza urgente e gravosa di incrementare gli spazi verdi negli ambiti di urbanizzazione consolidata: la loro creazione è necessaria non per diletto ma per urgente esigenza di mitigazione per abbattere l’inquinamento atmosferico, favorire la permeabilizzazione del suolo, offrire spazi di gioco e di socializzazione. Come si fa a non voler intervenire con indicazioni chiare per aiutare ad avere città e quartieri vivi e salubri?

 

Un altro aspetto che testimonia la povertà dello sguardo con cui si è scelto di guardare a questo argomento è l’assenza di interventi per l’abbattimento del peso ambientale degli edifici veneti, l’84% dei quali ha una data di nascita ben precedente alla mia e quindi ormai, chiaramente, datati e pesanti non solo economicamente ma anche per emissioni. Su questo tema ho voluto affiancare e sostenere le proposte propositive dei colleghi in aula, che discuteremo in fase emendativa.

 

Le deroghe non mancano mai!

Ma c’è un altro gravissimo esempio: le Deroghe agli strumenti urbanistici Comunali, deroghe che rendono inutili regolamenti edilizi e norme tecniche, ma soprattutto l’attacco agli standard urbanistici del Decreto Ministeriale 1444/68, un decreto di sostanziale importanza, il cui obiettivo è di garantire la vitalità delle aree urbanizzate, proprio perché luogo di vita quotidiana, non un luogo senza vita, non un ammasso di cemento. Andrebbero quindi soppresse tutte le DEROGHE, in particolare quelle di dubbia legittimità, come l’art.11, primo e quarto comma, riguardante gli standard minimi di verde parcheggi, dotazioni di spazi collettivi.

I cittadini veneti hanno diritto di ad una urbanizzazione intelligente, a servizio della qualità della vita. Per questo non posso abbracciare politiche ormai superate da modelli urbanistici sostenibili già in essere al nord, non quello italiano, ma quello europeo.

 

Urban Meta

Concludo citando Urban Meta, coordinamento formato da una significativa rappresentanza della società veneta, categorie economiche, professionali, Università, associazioni, sindacati, ambientalisti, costruttori, consorzi di bonifica, che afferma nel documento presentato al Presidente della II Commissione Consigliare fra molte altre osservazioni:

Questa nuova Legge è un passo indietro rispetto a un disegno organico che poteva derivare, toglie energia alla rigenerazione e promuove interventi puntuali invece che un disegno di insieme.

Sposta la questione dal disegno generale al singolo lotto o edificio.

Ma a che serve un edificio in classe A dentro una città inquinata, con una mobilità pubblica poco efficiente, dove i giovani non trovano abitazioni a prezzi accessibili, i centri storici si spopolano e le attività commerciali si sviluppano senza una programmazione efficace?

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